Nel preannunciare il voto contrario da parte del nostro
gruppo allo statuto della nuova Uti del Gemonese abbiamo preparato questo
documento illustrante il nostro pensiero in merito all’argomento che
depositeremo agli atti di questo consiglio.
Lo statuto dell’Uti del Gemonese viene proposto in
conseguenza alla legge regionale nr. 26 del 12 dicembre del 2014 meglio
conosciuta come Riordino del Sistema delle Autonomie Locali nel Friuli Venezia
Giulia.
Una legge, o meglio una riforma, che ad oggi non ha avuto un
percorso ne facile ne condiviso. Calata dall’alto, questa legge dovrà a breve
fare i conti con il ricorso presentato al Tribunale Amministrativo da una
sessantina di sindaci.
L’Assessore Regionale alle Autonimie Locali Panontin, spesso
ha sostenuto che questi Sindaci hanno una posizione contraria per una scelta
politica contro il governo Serracchiani, dimenticando il disagio diffuso che
questa legge ha provocato in senso trasversale coinvolgendo anche alcuni sindaci
o amministratori di centro-sinistra (non ultimo il comune di S. Daniele). Va
detto che, come per la Riforma Sanitaria anche quella sugli Enti Locali nasce
principalmente con tecnici e idee non provenienti dal Friuli e poco coscienti del
territorio della nostra Regione e delle problematiche ad essa annesse.
Anche per questo riteniamo che in merito alla riforma sia
stato completamente calpestato il principio di Autonomia che per la nostra
Regione dovrebbe rappresentare il tema centrale.
La conseguenza di questo riordino è che le Unioni Territoriali
Intercomunali UTI sono destinate a diventare dei “supercomuni” di dimensioni
smisurate causando inevitabilmente la
sparizione del riferimento di prossimità
fra i comuni ed i cittadini, in quanto le distanze territoriali fra
periferie e capoluoghi nei nuovi ambiti in alcuni casi superano anche i 50km.
Oltre a ciò viene archiviato un principio sacrosanto della democrazia diretta
poiché i “supersindaci” (cioè i Presidenti delle Uti) saranno scelti non dai
cittadini ma il più delle volte dalle segreterie politiche. Nel contempo la
legge prevede di istituire le UTI, 18 in tutto, a scapito dell’abolizione delle
4 province presentando davvero un bel esempio di semplificazione.
Va inoltre sottolineato come le minoranze non siano
assolutamente rappresentate nei nuovi organi.
Al centro di questa riforma ci doveva essere l’obiettivo di
ottimizzare i servizi al cittadino producendo risparmi e ottimizzazioni di
scala , cose che molti comuni già fanno e che potevano essere raggiunte secondo
noi stimolando ed incentivando con convinzione le unioni di servizi. Non
sarebbero serviti in questo caso i “supersindaci” ed i 18 direttori generali
che a breve verranno nominati e profumatamente stipendiati per la gestione
delle Unioni.
Tale meccanismo si sarebbe rivelato importante pensando ad
una prospettiva, scelta democraticamente dai cittadini, che potesse portare con
coraggio alla fusione dei comuni che gradualmente dovrebbero, secondo le
caratteristiche della nostra regione, entro una decina d’anni non essere
inferiori almeno ai 5-7000-10000 abitanti.
Il nostro comune come ben sappiamo era stato inserito in
un’Uti che partiva proprio da Artegna fino ad arrivare a Tarvisio; unitile
ripetersi sulla disomogeneità riguardante quel territorio. In conseguenza a ciò
l’intero consiglio si era espresso inviando alla Regione una proposta che
includesse il Gemonese assieme alla zona collinare ed al tarcentino. Ma anche
in questo caso siamo rimasti inascoltati in quanto non era possibile unirsi al
territorio del tarcentino perché le UTI devono, per legge, tenere conto dei
confini della riforma sanitaria che vede il Gemonese ed il Tarcentino collocati
AAS (Aziende per l’assistenza sanitaria) diverse. Tra l’altro Artegna da molti anni ha già
condiviso servizi con il comune di Magnano in Riviera per caratteristiche molto
simile al nostro. Ed in merito il nostro gruppo da sempre ha proposto di
intensificare i rapporti con il Comune di Magnano visto come naturale
possibilità di sviluppo del territorio
ed accorpamento. Per ciò che riguarda Comunità Collinare ufficialmente i comuni
appartenenti ad essa hanno rifiutato la nostra proposta e la Regione ne ha
semplicemente preso atto. Strano caso questo e contraddizione del governo
regionale che manda i commissari sostituendosi ai sindaci eletti
democraticamente in alcuni casi, mentre non fa nulla in altri casi come questo,
non accettando le proposte di unire perlomeno nei servizi territori omogenei.
Il risultato di tutto ciò è stato il compromesso dell’Unione
Intercomunale del Gemonese, attualmente commissariata, formata da sei comuni
(Artegna, Gemona del Friuli, Venzone, Bordano Trasaghis e Montenars) per un totale di circa 20.000 di cui la sola
Gemona ne fa più di 11.100. Una Uti
povera che si presenta anche priva di una zona di sviluppo industriale.
Sullo Statuto va detto che di fondamentale importanza ci sono
gli articoli 4, 5 e 6 in cui vengono specificate le funzioni Esercitate dalle
Unioni e le funzioni Esercitate per conto dei comuni; articoli questi che
sminuiscono pesantemente le funzioni esercitate dagli attuali consigli
comunali. E’ evidente che, viste le dimensioni dell’Uti per tutto ciò che
riguarda programmazione, la gestione del personale e dei servizi in genere, un
ruolo fondamentale dovrà essere esercitato e spetterà di diritto al Comune di
Gemona.
In prospettiva, preoccupante e quanto mai inopportuno ciò che
è previsto all’articolo 32 comma 2 ovvero che: “I Comuni con popolazione
superiore ai 3000 abitanti possono recedere dall’Unione dopo dieci anni
dall’adesione con deliberazione approvata a maggioranza assoluta dal Consiglio
comunale”. Ciò significa che tra 10 anni il comune di Gemona, unico comune
della nostra Uti con più 3000 abitanti può uscire eliminando praticamente l’Uti
stessa.
Un’ultima riflessione ci venga concessa riguardo all’utilizzo
dei commissari. Tale forzatura infatti sta iniziando a rivelarsi davvero
singolare e poco rispettosa. Solitamente i commissari nei comuni si mandano per gravi motivi tipo
lo scioglimento dei consigli comunali per mafia, oppure quando un Sindaco si
dimette o viene sfiduciato. Nelle nostra Regione invece si mandano a sostituire
i sindaci eletti democraticamente ma che si dichiarano assieme ai loro consigli
altrettanto democraticamente contrari a questa riforma. Tutto ciò ci sembra
totalmente irrispettoso verso amministratori che gestiscono egregiamente il
proprio territorio assumendosi talvolta responsabilità elevatissime pur di
mantenere saldo l’ultimo filo di democrazia diretta
rimasto in essere.